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MARIANNA ORLANDI alunna del liceo classico europeo "Uccellis"

Il mio vissuto di adolescente nella società di oggi

Ho diciotto anni, sono una studentessa del liceo classico europeo "Uccellis", frequento la quarta e devo dire che, pur parlando della stessa cosa di cui parlava il dott. Cattarinussi, mi sono ritrovata un po' più rispecchiata in quello che diceva il prof. Del Ponte. La mia tesi è, sinceramente, che il disagio giovanile non esiste. Non credo che questo termine sia stato inventato da un ragazzo ma da qualcun altro che lo ha attribuito a noi. Noi non stiamo male, ci accorgiamo che la nostra è una società sbagliata, che è una società che sta male e questo per due motivi fondamentali: il ruolo della televisione, nato come luogo dell'evasione e che invece per noi è diventata il modello principale e la caduta della famiglia, la caduta vertiginosa. Io credo di poterne parlare perché ho vissuto un'esperienza personale particolare. Comunque mi sembra che il problema sia nel fatto che i giovani ricercano la felicità nella direzione sbagliata. Lo fanno pensando che sia importante ciò che vedono in televisione,ciò che viene proposto cioè l'ambizione, la carriera, il successo e questo non solo dalla televisione, ma dai genitori stessi i quali si preoccupano di più che il loro figlio sia il primo della classe, piuttosto che fermarsi a parlare, a capire se sta bene, se ha capito qual è il senso della vita.

Magari sembra una considerazione inutile, però io credo che i giovani di oggi maturino un po' prima rispetto al passato. Prima il dott. Cattarinussi diceva che l'adolescenza è molto più lunga; sì è vero perché magari siamo più viziati; ma a noi manca il necessario a voi magari mancava il superfluo. Una volta mancavano le cose in più, ma delle cose fondamentali penso si parlasse, da quello che mi raccontano i miei genitori. Ora la situazione è totalmente ribaltata: è vero, abbiamo il telefonino, abbiamo i vestiti, però non vogliamo mai fermarci a pensare, perché ci accorgeremmo di un vuoto terrificante. Credo che la società sia malata e che non siano i giovani che stanno male, perché credo che anche ai genitori dispiaccia non avere tempo di parlare con noi per la corsa ai soldi, per la carriera, per riuscire ad avere, per essere più contenti perché si pensa che questa sia la felicità; quindi in fondo anche i genitori stanno male. Credo anche che la via d'uscita sia nei ragazzi. I ragazzi non sono mai stati degli sprovveduti. Negli anni '60 dei diciottenni si sono messi a combattere per far valere le loro idee e il mondo l'hanno cambiato, in ambito scolastico, in meglio. La mia preoccupazione è che quella volta sono servite le manganellate dei poliziotti, sono serviti i ragazzi che manifestassero, che andassero in carcere e fossero presi a sberle. Quello che io chiedo è che queste lotte non siano più necessarie. Non so, provate ad analizzarci: ad esempio nell'attività extra scolastica i ragazzi si impegnano tantissimo, si impegnano nei partiti già a sedici, diciassette anni, quando ancora non si possono iscrivere, ci sono i movimenti per i giovani. Si impegnano nella vita delle loro città, non sono d'accordo con quel dato dell'impegno religioso, perché, conosco molti ragazzi che si impegnano anche sotto questo aspetto, anche se non lo raccontano in giro.

Quindi siamo coscienti della nostra situazione, vogliamo fare qualcosa, vi chiediamo di permettercelo. Ai genitori il mio appello è di non parlare con i figli, appunto come diceva il prof. Del Ponte, per sentirsi la coscienza a posto, perché lo capiamo. Vi chiediamo che ci sia un interesse vero, che vi relazioniate a noi come persone, che vi interessi quello che abbiamo da dire.

Gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale perché sono degli educatori e dei genitori, non siamo mai a casa, siamo a scuola la mattina, molti anche il pomeriggio, o comunque il pomeriggio è molto occupato dallo sport o dalle altre attività, quindi il professore deve imparare a conoscere l'individuo personalmente, deve capire che dietro di lui c'è una storia e che è lui che lo deve far crescere perché i genitori non possono essere presenti per una serie di motivi.

Quindi il mio appello è questo: abbiate fiducia in noi. Probabilmente resterò delusa dalla mia generazione, adesso ne ho una grandissima stima, però le cose possono cambiare, è vero. Preferirei dire tra trent'anni che ho provato e non ci sono riuscita piuttosto che dire che non mi è stato permesso provare.

 

FEDERICA CARONNA alunna del liceo classico europeo "Uccellis"

La relazione con gli insegnanti

Volevo confrontarmi con uno schema come quelli che abbiamo visto finora, con il raffronto 1997 - 2002, in cui i ragazzi prediligono i professori preparati e mettono al secondo posto un insegnante giusto e imparziale, mentre il fatto che il professore sia comprensivo nelle valutazioni viene collocato negli ultimi posti.

Invece io non la penso proprio così. Una cosa che ritengo fondamentale è ricordarsi che l'insegnante è una persona come tutti e che la scuola non è altro che un piccolo esempio di come è la vita. Quindi l'insegnante, come tutte le persone, deve essere se stesso, non deve imitare né un insegnante che ha avuto precedentemente, né un insegnante collega che sa essere apprezzato dagli studenti. L'insegnante deve trasmettere la passione, la stessa passione con cui ha studiato negli anni in cui si è preparato. Ma com'è che il professore stabilisce un rapporto? Fondamentalmente il concetto, lo ribadiremo più volte anche stasera, è quello del rispetto reciproco. Il non rispetto non porta ad altro che al disinteresse, alla demotivazione, come ha detto prima il prof. Del Ponte; l'insuccesso di entrambi, sia del docente nel suo lavoro sia dello studente, anche nel suo lavoro, perché quello dello studente è il nostro lavoro, il lavoro che facciamo per noi. La severità deve essere vista in modo diverso dal rispetto, la severità non premia né l'insegnante né lo studente, se non c'è il rispetto ed è per questo che deve stabilirsi un rapporto basato su sincerità ed elasticità di entrambi. Secondo me non è solo l'insegnante che si deve impegnare, ma anche lo studente, entrambi. Importante è la sincerità: anche nelle piccole cose, dichiarare di non essersi potuta preparare per un'interrogazione senza il bisogno del supporto del genitore, perché ci deve essere fiducia reciproca, l'insegnante deve dimostrare allo studente di avere a che fare con una persona matura, in modo da fargli capire che c'è molto rispetto nei suoi confronti. Poi vorrei sottolineare un fatto fondamentale: il lavoro dell'insegnante è scarsamente considerato in questi ultimi anni mentre è veramente un mestiere da apprezzare. Un insegnante lo fa soltanto perché si sente di farlo, lo fa per trasmettere e soprattutto per insegnare nel vero senso della parola, per educare, trasmettere dei valori, trasmettere la passione appunto, come dicevo prima. Così trovo molto importante che il professore coinvolga e tenga sempre conto dello studente. Anche una battuta a voce alta, di uno studente, deve essere ripresa e sfruttata; e così facendo sono sicura che la lezione diventerà un momento di divertimento per entrambi, sia per l'insegnante che per lo studente.

 

ELISA LESCHIUTTA alunna del liceo classico europeo "Uccellis"

La relazione con gli insegnanti

Un buon rapporto tra studenti ed insegnanti è uno degli aspetti più significativi del vissuto scolastico in quanto è anche e soprattutto grazie a questo che si può rendere più efficace l'insegnamento.

Quei ragazzi, infatti, che vivono serenamente la loro esperienza all'interno della scuola, senza ansie causate dalla difficoltà di riuscire a relazionarsi con i propri docenti, possono trarre molti benefici e rendere piacevole il loro corso di studi.

Ma quand'è che un rapporto tra studenti ed insegnanti può essere considerato BUONO?

Per alcuni, l'insegnante buono è quello che permette di dargli del "tu"e di parlare liberamente in classe, di programmarci autonomamente i compiti e le interrogazioni e, magari, di non fare lezione nei giorni in cui non ne abbiamo voglia. In questo caso infatti non c'è mai l'ansia di un compito a sorpresa, in classe si può parlare liberamente senza paura di essere giudicati o fraintesi.

Gli stessi ragazzi contrappongono a questa figura quasi idilliaca quella di un docente rigido nelle valutazioni ed austero nel rapporto in classe. Il clima della lezione non è disteso e questo incide sullo stesso apprendimento, in quanto gli studenti non si sentono liberi di parlare e dare opinioni per il rischio di essere subito giudicati e per il timore che questo incida anche sulla loro valutazione.

Le due immagini proposte sono ovviamente delle esagerazioni, esisenti ma sporadiche, che meglio servono a comprendere quello che potrebbe essere un rapporto corretto tra le due classi: studenti e insegnanti. Pensando ad un giusto mezzo (in medio stat virtus per citare un famoso detto latino) si giunge ad una situazione in cui vige un certo rispetto tra studenti ed insegnanti, il clima diventa abbastanza disteso e l'insegnamento può considerarsi efficace.

Ma bisogna anche ricordare che la relazione con un insegnante è una cosa del tutto soggettiva, altrimenti non si potrebbero spiegare quelle situazioni in cui uno stesso docente viene da alcuni ragazzi osannato e da altri invece quasi odiato.

All'interno però della soggettività ci sono dei punti che, secondo me, andrebbero sempre rispettati. Primo tra tutti il rispetto reciproco tra insegnanti ed allievi che, sempre più spesso viene invece a mancare oggigiorno. Di ritorno dal recente scambio scolastico con la California non posso fare a meno di paragonare il mio vissuto scolastico a quello dei ragazzi di cui siamo stati ospiti.

Nel Paese d'Oltreoceano, infatti, non è raro per un ragazzo che non è interessato alla lezione accendersi il walkman in classe e cominciare ad ascoltare musica nel bel mezzo di una spiegazione. Come non è raro che un ragazzo cominci a mangiare il suo panino durante un'ora di lezione perché preso da un' improvvisa fame. Il china all'interno della lezione è dunque molto disteso, ma siamo sicuri che sia questo il metodo migliore d'insegnamento?

Certamente alcuni aspetti sono invidiabili ma in questo modo viene sacrificato il gruppo studenti in nome di un sfociante individualismo, tipico della società americana e viene a mancare anche il rispetto nei confronti dei docenti.

Tornando invece all'esperienza italiana, ed in particolare alla mia esperienza, un altro aspetto che ritengo fondamentale è l'obiettività degli insegnanti nel valutare i ragazzi e la serietà dell'insegnamento, assieme ad una vasta preparazione che non è scontata per il semplice fatto di aver conseguito una laurea. Infatti ben diverso è il conoscere una determinata materia dal saperla comunicare agli altri. Gli insegnanti, poi, hanno anch'essi idee divergenti su quello che è un giusto rapporto con gli studenti. Alcuni pensano che sia mediante la serietà ed austerità che i ragazzi apprendono in maniera efficace, mentre altri sostengono che sia un clima disteso a favorire l'insegnamento. Le esperienze positive riscontrate in quattro anni di studio posso dire di averle avute sia con insegnanti severi che con altri meno austeri, con l'unica condizione che fossero informati sulla loro materia e che dimostrassero di amarla e di volerla rendere piacevole anche per noi. L'esperienze meno positive invece sono quelle in cui ci troviamo di fronte un insegnante disinformato e poco coinvolgente.

Lo stesso clima del gruppo degli studenti influenza poi il rapporto che si ha con gli insegnanti e il loro disporsi nei confronti degli alunni.

Per concludere, dunque, auspico che per il futuro, all'interno delle lezioni, i ragazzi non debbano mai trovarsi in situazioni imbarazzanti, difficili o in cui gli viene data poca libertà di parola e si sentano costretti a dire ciò che non pensano. Spero anche che gli insegnanti siano obiettivi il più possibile e riescano a coinvolgere i ragazzi nelle discipline d'insegnamento con idee sempre nuove. Per quanto concerne l'atteggiamento dei ragazzi vige la condizione di reciprocità.